I miei 10 anni di radiofonia
Non è mia abitudine parlare del mio lavoro in radio sul blog. Tempo fa decisi di dividere la mia vita artistica da quella tecnica, ma oggi farò un’eccezione. Da un po’ di tempo mi frullava in testa questo post. Edit: lo so, il post è lungo, ma sono sicuro che molti non si pentiranno di leggerlo fino in fondo, specie i nativi dei primi anni ‘80. [caption id=“attachment_215” align=“alignleft” width=“200” caption=“Io in diretta radio, 31 maggio 2000”][/caption] Lavoro nella radio privata gestita dalla mia famiglia da quando avevo 14 anni, era il 1997, primo anno di Liceo. Dietro le quinte da prima. Comunque da quel periodo sono in onda tutti i giorni. Ho cambiato nome del programma, formato, sigle, orari. Penso di aver accumulato un po’ di esperienza in questi 10 11 anni in cui ho iniziato come speaker, per poi diventare DJ, successivamente vocalist, ma non voglio divagare, parliamo di radio. A quei tempi i masterizzatori (cd, mica dvd) costavano ancora milionate, si andava ancora con le mitiche cassettine. Se volevi una canzone o l’intero disco di qualcuno - senza costringere mamma e papà a regalartelo e senza sperperare le poche migliaia di lire che avevi conservato per comperarti le Goleador alla cola - prendevi la cassetta e ti facevi copiare l’album da chi aveva il cd originale, a patto che: 1. avesse il registratore con cd e cassetta, 2. avesse simpatia per te, 3. avesse tempo, visto che si andava in tempo reale. Io ero quello che aveva la fonte e l’attrezzatura (non proprio il registratore combo, ma mixer e tutto il resto), ma mi sono attirato molte antipatie, ero restio a copiare. Ricordo che feci Così com’è degli Articolo 31 per una compagna delle medie, me lo ordinarono gli ormoni anche se ero conscio non sarebbe servito a nulla. Certo, questo era solo il metodo A. Il metodo B è quello che mi riguarda: richiedevi la canzone e la registravi dalla radio. Oh, il classico programma Dediche e richieste, che però perse l’antiquato nome appena presi in mano la situazione io. Allora - mi spaventa dire questa parola, sembra passata un’eternità e mi sento vecchio - il cellulare era un lusso che solo gli adulti e meno di pochissimi adolescenti potevano permettersi (io ebbi il mio primo nel ‘99, pacchetto Facile Omnitel con Alcatel OneTouch Easy, grazie a un buon tema di matematica, e mi presero per fighetto). Quindi cosa facevi? Alzavi la cornetta e telefonavi al DJ. «Ciao, scusa, mi metti Barbie girl degli Aqua? E anche quella della pubblicità della Swatch (Breathe di Midge Ure, NdR)? Puoi non parlarci sopra così le registro? Grazie». E’ strano vivere al di là della barricata della normalità, in quanto ero io a ricevere le richieste. Era un bel rapporto con gli ascoltatori, avevi gli abituali, gli sporadici, quelle che mettevano giù perché si vergognavano e poi richiamavano subito. Mille biglietti in piedi tra le manopole del mixer, cd ovunque e si andava a manina. Poi arrivarono le regie computerizzate - che comodità non segnarsi più la durata dell’intro dei pezzi - e con loro la linea sms. Sempre meno telefonate, valanghe di messaggini. Si creavano le discussioni e io ero l’arbitro. Che ne so, dicevo «Luana ti metto quella canzone, ma a me non piace», lei rispondeva via sms che non capivo niente, lo dicevo scherzosamente in onda, un altro scriveva ribattendo che avevo ragione. Quasi un forum, pieno di spam. Era bello, ero soddisfatto. Nel frattempo mi accorsi di una cosa: andavo a scuola, nei 40 minuti di pullman non volevo ascoltare la radio, io ero quello che la faceva nel pomeriggio, volevo ascoltare altro. Abbandonato il walkman a cassette saltai il lettore cd per approdare direttamente al lettore cd mp3. Invidia tra i compagni passeggeri, io figo ho 150 canzoni, voi 15. Napster aveva iniziato la Rivoluzione. C’era sempre l’attesa, «dai dai dai che è al 24% la canzone, se va avanti così tra 1 ora ha finito!». Già mi chiedevo se avrebbero fatto dei lettori senza cd, con una specie di memoria incorporata. Steve Jobs mi lesse nel pensiero rubandomi l’idea, l’iPod è moralmente mio, si sappia. In quanto tecnofilo anticipai i tempi, intuii l’inizi di un lento inesorabile declino. Che arrivò puntuale. Da allora, tutt’oggi, non c’è radio che tenga. Ora la musica la comprano su Internet - seh, famo che la comprano vah… - se la piazzano sul lettore mp3 e ciao ciao. Non dico che non ascoltino la radio, lo fanno magari in macchina, nei negozi, nei bar, a casa, rimane forse il media più utilizzato ancora nel mondo. Ma non sentono il bisogno di chiedere la canzone, non serve, ci sono iTunes - eMule o i torrent… - se la vogliono. Le telefonate sono estinte, gli sms scemano, si è passati dalla normalità di riceverne valanghe alla sorpresa di riceverne una decina in 2 ore. Non accuso nessuno, non rimpiango nulla. Sto semplicemente constatando quanto tutto sia cambiato in 10 anni. Però mi sento un po’ come quei piccoli negozietti di alimentari sotto casa che chiudono perché vicino a loro apre un ipermercato. Non credevo a chi diceva all’epoca quanto i tempi fossero cambiati secondo il loro punto di vista più adulto. Ora ho attraversato la linea. Oh, han ragione. Panta rei.