Notes of a trip to London
Finalmente sono stato nella capitale europea che più di tutte volevo visitare, Londra. Invece di fare un’arida cronaca di quello che abbiamo fatto preferisco riportare, più o meno, le note che ho preso sulla mia moleskine durante le giornate che hanno portato me, Lisa e la sua sorellina in giro per la city. Ovviamente sono appunti arrivati dopo l’elaborazione del mio piccolo cervello per niente abituato a viaggiare, chissà quante cose ho frainteso.
- Qualcuno mi aveva avvertito circa la dimensione delle camere d’albergo - un 3 stelle nel nostro caso - ma avevo fatto orecchie da mercante, invece sono davvero minuscole. Vabbè, ci siamo stati il meno possibile.
- Non si trovano i cestini a morire. O meglio, per trovarli bisogna cercarli bene, sono davvero pochi. Nonostante questo però è tutto abbastanza pulito, sicuramente più che in Italia.
- Proprio la mancanza di cestini porta al gettare i mozziconi delle sigarette in giro, in quello sembrava di stare a casa, e non lo pensavo.
- Ci sono troppi, troppi italiani. Ad esempio il commesso di un negozio ci ha chiesto se avevamo bisogno di aiuto, al nostro «We’re just looking around» ci ha chiesto da dove venivamo per poi parlarci nella sua lingua madre, italiano appunto. Oppure il cassiere di Madame Tussauds che ci ha guardati e senza esitare ci ha detto le cifre in italiano.
- CD e giochi per console costano meno che in Italy, rispettivamente £10-13 e £40. Qui parliamo di €21 e €69.
- Mi era stato detto che gli inglesi sono maleducati, ma a parte l’indiano alla reception dell’albergo e qualche commessa del McDonald’s (ci siamo andati una volta sola eh) tutti si sono mostrati gentili e disponibili.
- Non so se da noi si faccia, ma al fast food della catena Oporto si fa la lotteria dei biglietti da visita: quando passi di lì lasci il tuo in un vaso, se vieni estratto verrai contattato via email per avere un pasto gratis, per te e due tuoi colleghi.
- Per la prima volta da Starbucks. Non sono amante del caffè ma se ci fosse Starbucks in Italia ci vivrei dentro. Espresso Caramel Macchiato a gogò.
- A quando è parso a me Londra è una città dinamica, volendo anche frenetica, ma non nervosa come possono essere Milano e Roma.
- Lo (o la) skyline della città è piena di gru: continuano a costruire e a ristrutturare.
- Quella che in Italia chiamiamo pubblicità comparativa è all’ordine del giorno a Londra. Ad esempio su un cartellone del Times si diceva che i loro giornalisti che scrivono di ambiente sono più dedicati di quelli degli altri giornali, citati uno a uno per nome; oppure lo spot tv del supermercato che fa notare come abbiano prezzi migliori rispetto all’altro.
- Adoro Camden Town. Gli altri negozi sono noia.
- Molti londinesi indossavano una specie di spilla rossa, rivelatasi essere il poppy, ossia un papavero rosso che richiama quello da oppio. Lo fanno, dopo una donazione, per sostenere i loro militari impegnati in Afghanistan.
Non mi sono comperato molto: un cappello stile coppola ma molto british, una maglietta dei Beatles (d’obbligo), una maglietta scema, la divisa da gioco blu scura di Tony Romo dei Dallas Cowboys. Quest’ultima per niente inglese, ma ci tenevo. Ah, non sono mai stato così vicino ad una partita di football americano: a Wembley la domenica della nostra partenza si giocava il match tra i New England Patriots e i Tampa Bay Buccaneers. Nota dolente: il signore nell’atri di ingresso del palazzo dove sta Google UK non ci ha permesso di fare foto. Mi ha dato una grande soddisfazione essere finalmente a Londra, sentire di persona i rintocchi del Big Ben, vedere dal vivo posti e monumenti finora osservati solo sui libri. Giudizio personale: sì, ci andrei a vivere e lavorare. Magari, un giorno… Ecco un paio di prove del nostro viaggio :)